Quando si parla di serial killer, la mente in genere va subito a grossi e corpulenti uomini americani, che viaggiano da uno Stato all'altro uccidendo e seviziando senza che nessuno possa dubitare di loro.
Padri di famiglia, uomini retti, figli amorevoli, mariti fedeli. Chi mai potrebbe pensare che nella loro cantina si nasconda un vero e proprio mattatoio?
Mai nessuno, invece, penserebbe a una dolce donna di Correggio, Italia, tale Leonarda Cianciulli, che è riuscita a fare alle sue amiche quello che solo nei romanzi di Thomas Harris (il più famoso, dal quale è stato tratto anche un film è Il silenzio degli innocenti) sembrava potesse accadere.
Le origini di Leonarda non sono delle più tranquille e serene. Nata ad Avellino nel 1893, è il frutto di uno stupro subito dalla madre, Emilia Di Nolfi, da parte di Mariano Cianciulli, che fu poi costretta a sposare.
Fin da piccola era debole e malata, soffriva di epilessia, e la madre non le aveva mai nascosto che, senza di lei, la sua vita sarebbe stata la stessa, forse addirittura migliore.
In seguito a questo ambiente familiare così precario, Leonarda tentò diverse volte di uccidersi; cercò di impiccarsi, ingoiò cocci di vetro, stecche del busto della madre, ma senza ottenere il risultato sperato: la morte.
Quando nel 1914, a soli 21 anni, sposò Raffaele Pansardi, impiegato presso l'ufficio registri, la sua vita sembrava aver preso una piega differente.
Da Ariano, dove erano andati a vivere, furono costretti a trasferirsi a Correggio per via del terremoto che aveva colpito l'Irpinia.
Lì si mantennero con la vendita di abiti usati e al risarcimento a favore delle vittime del terremoto. Provarono anche ad avere dei figli, ma su 17 gravidanze sopravvissero soltanto 4 bambini.
Fu forse allora che la mente labile della Cianciulli, terrorizzata dall'idea di perdere i suoi amati figli, le fecero avere una ossessione morbosa verso di essi, e quando il più grande fu in età per partire per il servizio di leva, con alle porte la minaccia di una guerra mondiale, tra cui anche l'Italia, la donna si avvicinò alle arti occulte, all'esoteria e alla chiromanzia.
Si fece leggere più volte la mano da una veggente, che previde, in entrambi i casi, morte e follia.
Lo scopo di Leonarda era quello di spezzare il maleficio che credeva fosse stato fatto sulla sua famiglia.
A farle compagnia, nella vita di tutti i giorni, erano le sue tre amiche fidate: Faustina Setti, Francesca Soavi e Virginia Cacioppo, tre donne che mai avrebbero immaginato che la loro più cara amica, bisognosa quanto mai di affetto e conforto, stesse in realtà pensando di ucciderle.
Faustina Setti
Faustina fu la sua prima vittima: Leonarda, con la scusa di averle trovato un marito a Pola, la convinse a farsi scrivere delle lettere dalla donna (Faustina era analfabeta) e a farsi promettere di non dire nulla alle altre due amiche per non scatenare le loro gelosie.
Faustina, accettando di buon grado, dettò quelle che erano le sue ultime parole, e quando lettere e cartoline furono scritte e firmate, fu uccisa a colpi di scure dall'amica, trascinata in uno stanzino e fatta a pezzi.
La Cianciulli fece colare il sangue in un catino, che fece successivamente essiccare in forno e che mischiò a farina, cioccolato, uova e zucchero per creare dei dolci che regalò ai vicini e che lei stessa, oltre che al figlio, consumò volentieri.
Il corpo fu invece sciolto nella soda caustica e trasformato in saponette, anche queste regalate al vicinato.
Giuseppe, il figlio maggiore, ebbe invece il compito di partire per Pola e spedire le lettere della donna, affinché avessero il timbro postale corretto e nessuno sospettasse nulla.
Quando tutto fu finito, gli abiti della povera Faustina vennero venduti come indumenti usati.
Francesca Soavi
La Soavi fu invece convinta a scrivere cartoline di addio con la promessa di un posto presso un collegio femminile a Piacenza.
Era il 1940, il 5 settembre per l'esattezza. Quando la donna finì di scrivere le cartoline per i parenti, salutandoli, felice di aver trovato finalmente un lavoro stabile e remunerativo, Leonarda l'aggredì e la uccise con lo stesso modus operandi con cui aveva posto fine alla vita di Faustina.
Sottrasse al cadavere i soldi che possedeva (circa tremila lire), trasformò il suo corpo in saponette e il suo sangue in dolci. Con la scusa di aver ricevuto la procura per farlo, vendette anche tutti i suoi beni, sia mobili che immobili.
I vicini continuarono ad accettare i dolci della tenera Leonarda, nonché le saponette fatte con le sue stesse mani.
Anche questa volta, suo figlio Giuseppe si incaricò di spedire le cartoline, in questo caso da Piacenza.
Virginia Cacioppo
La Cacioppo era una cantante lirica ridotta in miseria che, allettata dalla notizia che Leonarda le avesse trovato un posto di lavoro come segretaria di un dirigente di teatro, divenne la sua terza e, per fortuna ultima, vittima.
Stessi preamboli delle altre due amiche, stessa promessa di non rivelare nulla a nessuno, stessa identica richiesta di salutare amici e parenti con lettere e cartoline scritti di suo pugno.
In un suo memoriale, di lei la Cianciulli disse: " ...finì nel pentolone come le altre due... la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta aggiunsi un flacone di colonia e la feci bollire a lungo, ne vennero fuori delle saponette accettabili che diedi in omaggio ad amici e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce".
Gli strumenti con cui la Cianciulli uccideva e dissezionava le sue vittime |
La cognata di Virginia Cacioppo, però, si insospettì sia dell'improvvisa sparizione della donna che della vendita dei suoi abiti da parte di Leonarda e andò a riferire il tutto al questore di Reggio Emilia, che, dopo aver seguito gli "spostamenti" di un buono del tesoro appartenuto a Virginia, lo ricondusse a Leonarda, che senza opposizioni ammise tutti e tre gli omicidi, descrivendone persino le modalità con cui erano avvenuti.
Al processo, avvenuto nel 1946, anche il figlio Giuseppe fu accusato, poiché era ritenuto impossibile che una donna come Leonarda, bassa, robusta e in là con gli anni, avesse potuto fare tutto da sola.
Giuseppe dichiarò di essersi limitato a spedire lettere e cartoline senza però conoscerne il reale motivo, mentre la stessa Leonarda, per difendere il figlio da tali accuse, sezionò in pochissimi minuti il cadavere di un vagabondo sotto lo sguardo attonito di un pubblico composto da avvocati e magistrati, spiegando persino le tecniche utilizzate per la saponificazione.
A seguito del processo e alla luce di tutte le prove raccolte, Leonarda Cianciulli fu condannata a 30 anni di reclusione per l'omicidio delle tre donne e a 3 anni di manicomio giudiziario, mentre il figlio fu ritenuto innocente.
Morì nel 1970, nel manicomio femminile di Pozzuoli, stroncata da un ictus. Negli anni di carcere si era dilettata nella cucina, preparò biscotti svariate volte ma, stranamente, nessuno accettò di assaggiarli.
Leonarda Cianciulli è tutt'oggi conosciuta come "la saponificatrice di Correggio".
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