Sui canali di Xochimilco, a circa 30 chilometri di distanza da Città del Messico, c'è un'isola la cui caratteristica fa rabbrividire chiunque, per caso o per curiosità, si trovi a visitarla.
Appesi ai rami degli alberi, infatti, c'è una moltitudine di bambole che penzolano come cadaveri da una forca, con i corpi mutilati, smembrati, gli abiti logori, gli occhi cavi e le espressioni ormai deturpate e irriconoscibili.
Si narra che l'artefice di questa macabra "esposizione" sia un certo Don Julian Santana Barrera, custode del luogo, che un giorno vide una bambina annegare nelle acque della laguna senza però riuscire a salvarla.
L'uomo fu preso dal rimorso per non essere riuscito a salvare quella piccola anima e quando giorni dopo, nello stesso punto della laguna, vide una bambola galleggiare, convinto che fosse lo spirito della bambina la raccolse e la appese a un albero, come a voler dare una degna sepoltura e un ultimo, triste saluto a quella bambina che spirò sotto i suoi stessi occhi.
Da allora, per i 50 anni a venire, l'uomo avrebbe raccolto tutte le bambole che avrebbe trovato sul suo cammino, perlopiù abbandonate o gettate tra i rifiuti perchè vecchie o malconce, e le avrebbe appese ai rami degli alberi, chi dice per far compagnia alla prima bambola da lui trovata, chi invece afferma che lo facesse perchè la sua era divenuta una vera e propria ossessione.
L'immagine di queste bambole appese, senza neanche tentare di ripararle o ripulirle dal lerciume, è sicuramente un pugno allo stomaco per chiunque, anche perchè ciò che si nasconde dietro è inevitabilmente divenuto leggenda e come tutte le leggende si snoda su più binari e su più retroscena.
Barrera sarebbe impazzito dopo il trauma della bambina annegata, e questo lo avrebbe spinto ad agire in quel modo, salvando tutte le bambole che incontrava sul cammino per espiare la colpa di non aver potuto fare altrettanto con lei; altri ancora affermano che appendesse quelle bambole per rallegrare la sua anima, altri ancora che fosse per allontanare gli spiriti maligni che infestavano l'isola e che causavano quelle terribili morti.
L'uomo continuò a comportarsi così, recuperando vecchie bambole rotte e appendendole agli alberi, fino al 17 aprile del 2001, giorno della sua morte che avvenne, fatalità volle, nello stesso punto in cui era morta quella bambina diversi decenni prima.
Suo nipote dichiarò che da quando era avvenuto quel tragico evento suo zio era cambiato, non era più lo stesso, come se qualcosa lo stesse tormentando.
Soltanto dopo la morte dell'uomo quell'isola, fino ad allora passata inosservata, divenne meta di turisti, che spesso portavano e continuano a portare bambole da appendere ovunque, contribuendo a rendere quell'atmosfera e quel luogo, se possibile, ancora più inquietanti.
Tra di essi, in molti sostengono di aver udito degli strani rumori e delle voci incorporee, come ragazze che bisbigliano frasi incomprensibili o bimbi che giocano tra di loro, anche quando intorno non ci sono né ragazze, né bambini.
Che sia vero o semplice frutto della suggestione, è innegabile che qualcosa abbia spinto Don Julian Santana Barrera a comportarsi in quel modo, perchè nella sua testa, che mancasse qualche rotella o meno, qualcosa gli diceva che quello era ciò che doveva fare.
Una visita all'Isola delle bambole è sicuramente un'esperienza difficile da dimenticare, sia per la storia che si cela dietro di essa, sia per l'atmosfera che si respira camminando tra centinaia, se non migliaia, di piccoli corpi di plastica appesi, ammuffiti e deteriorati.
Quando si lascia l'isola, l'impressione non cambia: quei corpicini, simili a tanti gruppi di bambini sospesi, sembrano salutare i visitatori, avvertendoli della pericolosità del luogo e vegliando, così come aveva fatto prima di loro Barrera, sulle anime di tutti coloro che vi avevano perso la vita.
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